Da tempo in questo blog ci occupiamo di lavoro e comunicazione efficace: ad esempio, nei mesi scorsi abbiamo parlato di Parole e linguaggio chiaro con Annamaria Anelli e di contenuti accessibili con Valentina Di Michele, e abbiamo sottolineato il lavoro fatto con il nostro sito web rinnovato nel 2024 per rendere la nostra comunicazione ancora più chiara e avvicinare chi legge ai nostri temi.
Le interviste inserite nella nostra rubrica “Lavorare oggi” sono quindi anche un modo di descrivere professioni più o meno nuove e chi le rappresenta, in questo caso con la storia di Sara Scamarcia.
Sara Scamarcia guida insieme a Domenico Cirelli la casa di produzione bolognese The Storytellers: con lei abbiamo parlato della sua storia professionale e del potere delle immagini e dei video in particolare. Non è un caso: The Storytellers ha realizzato il nostro video ufficiale e quando abbiamo conosciuto Sara, abbiamo deciso subito di chiederle di partecipare al blog con un’intervista.
Chi è Sara Scamarcia? Possiamo senza dubbio usare l’espressione “non ha bisogno di presentazioni”. Fotografa e regista, Sara ha una lunga storia professionale costellata di successi a livello nazionale e internazionale, un presente solido e prolifico con The Storytellers, e un futuro del quale ha voluto parlarci svelando anche qualche anteprima.
Oggi Sara vive a Bologna, ma la sua storia inizia e si sviluppa a Milano dove si è specializzata in advertising.
Sara, qual è la tua formazione e il percorso che ti ha portata alla fotografia e poi alla regia?
Per raccontare la mia storia professionale parto da un racconto di me bambina che probabilmente ha gettato i semi di quel che sono diventata. Posso dire di essere nata e cresciuta al Teatro Nazionale di Milano: i miei genitori avevano una casa dove ora ci sono gli uffici del teatro, cioè proprio sopra il palcoscenico.
La mia storia di bambina è costellata di giochi e avventure nei camerini, tra i sedili della platea, dove mi avventuravo quando gli attori si preparavano o dopo gli spettacoli; dove cercavo e trovavo piccole cose abbandonate o dimenticate o mi addormentavo in camera cullata dal suono delle rappresentazioni. Anni di scoperte e divertimento che penso abbiano davvero segnato la mia direzione professionale, portandomi verso il mondo dello spettacolo.
E in effetti per un po’ ho fatto l’attrice, anche per mantenermi mentre studiavo: Milano offriva molto e tra corsi di recitazione e dizione, ho preso parte a spot pubblicitari come quelli di Tele2 e di 3 (ora Wind). Vivere questo ambiente dal suo interno e vedere quante persone erano necessarie per far arrivare in porto un progetto mi ha affascinata e di nuovo ha segnato una direzione.
Finiti gli studi di Industrial Design al Politecnico di Milano, ho iniziato a lavorare in agenzia fino a diventare Art Director, ovviamente passando dal classico ruolo di stagista dove avevo iniziato a occuparmi di visionare i portfoli dei fotografi.
Dato che poi sapevo già fotografare, nel tempo ho iniziato anche a scattare io e a un certo punto ho sentito forte l’esigenza di fare da sola, anche per sfuggire a certi meccanismi del lavoro da dipendente e da ruoli subalterni spesso affidati alle donne, uno stereotipo classico: ho aperto la mia agenzia e iniziato con le prime campagne.
In particolare, nel 2009 le fotografie che ho scattato per l’incontro di rugby Italia-Nuova Zelanda mi hanno lanciata come fotografa professionista e indipendente. Da lì sono nate le tantissime campagne realizzate per agenzie come ad esempio McCann e brand tra cui, solo per citarne alcuni, Chicco, Plasmon, Barilla, Nike, Adidas, PhotoSì. (ndr. più informazioni sulle produzioni firmate da Sara sono sul sito di The Storytellers).
Poi sono arrivate anche le mostre fotografiche ed esperienze come il concorso internazionale Film Factory Italia: sono stata selezionata dal regista Silvio Soldini per realizzare un cortometraggio con l’attrice Cristiana Capotondi, corto che poi ha vinto il concorso.
Siccome poi nella vita capitano anche dei cambiamenti di direzione importanti, mi sono trasferita a Bologna già con l’idea di portare il mio lavoro anche lì.
E a Bologna è arrivata anche una nuova, grande occasione con Yoox Net A Porter che mi ha voluta per coordinare i suoi ventiquattro studi fotografici e le persone che ci lavoravano. Un’esperienza preziosa che di nuovo mi ha aiutata a crescere come professionista.
Nel frattempo però il mondo milanese ha di nuovo bussato alla porta con una proposta di produzione video. Che fare? La risposta è stata la nascita di The Storytellers, che oggi ha cinque anni ma che nella mia testa aveva preso forma già qualche anno prima: pensavo già al formato video per raccontare storie, e si è rivelata una visione giusta.
Oggi di cosa ti occupi con The Storytellers?
Lo racconta il mio job title: Creative Production Manager. In Italia forse si sente poco, ma definisce la figura che unisce due ruoli nel settore delle produzioni per la tv e il cinema.
Significa essere il ponte operativo tra la visione creativa e la sua effettiva realizzazione, garantendo un coinvolgimento pratico in tutte le fasi della produzione, e il management attivo del team produttivo nell’execution.
Poi naturalmente c’è la Sara regista, che lavora anche con altre case di produzione: un esempio di spot è quello che ho girato per Trentingrana, ma l’elenco è lungo e c’è anche la regia del video di Ehiweb!
Perché un’azienda, non solo grande e strutturata ma anche più piccola, dovrebbe usare i video per raccontarsi?
I video e lo storytelling sono uno strumento potente. Le aziende dovrebbero pensarci quando vogliono raccontarsi: scegliere il formato video per mostrarsi, parlare, raccontare e spiegare, condividere e intrattenere è un modo per mettersi in gioco e arrivare dritti alle persone. Un modo umano, che soddisfa bene la sete di contenuti che c’è non da oggi.
E al di là delle produzioni per la tv, che restano nel mondo dei grandi budget, la comunicazione digital, sui social, è più accessibile.
La fotografia è un istante, è e sarà sempre uno dei miei grandi amori. Ma la potenza di un video che ti cattura è innegabile. Poi, in un oceano di contenuti video ovviamente conta saperci fare, sapere come agganciare le persone superando la dimensione dello spot pubblicitario per andare verso il racconto, lo storytelling. E il nostro lavoro fa questo: unisce cinema e pubblicità ed emoziona.
È un lavoro sempre impegnativo, fatto di approfondimento e cura dei dettagli: con Ehiweb, ad esempio, ci siamo conosciuti e immersi nel lavoro quotidiano delle persone che ci lavorano per dare valore all’azienda ma soprattutto alle persone, che sono uno dei fattori che risponde alla domanda: perché scegliere Ehiweb?
Credo che per Ehiweb sia stata anche un’occasione per creare un momento di coesione in più, e di dare alle persone che ci lavorano ogni giorno l’importanza che meritano.
Che rapporto avete con l’intelligenza artificiale generativa?
Inutile fare finta che non ci sia o interessarsi il giusto, perché non è una moda passeggera.
Non si può non pensare a come potremo, oggi e nel tempo, distinguere ciò che è reale e ciò che non lo è, ma in questo momento le dedico uno sguardo curioso, come faccio sempre, e sono grata alla tecnologia che ci permette di evolvere.
In realtà noi ce ne stiamo già occupando perché siamo coinvolti in un progetto di innovazione tecnologica del CNR che comprende l’uso dell’intelligenza artificiale.
Spoiler: è un percorso che riguarda anche la prossima evoluzione di The Storytellers, con l’obiettivo di portare innovazione nel mondo dell’editoria.
Cosa diresti a una ragazza o un ragazzo che oggi vorrebbero fare quel che fai tu?
Di cercare opportunità di mettersi in gioco, e di farlo prima possibile senza aspettare di sentirsi pronte o pronti al cento per cento.
Curate il curriculum e scrivetelo, studiando le agenzie e le realtà a cui vi proponete, spostando il focus da quel che sapete fare a come potete essere utili, risolvere problemi, soddisfare bisogni. E poi circondatevi di persone che credono in voi e vi sostengono.
Alle ragazze vorrei dire di essere consapevoli che la regia oggi è ancora un affare da maschi, ma di non demordere: come noi, ci sono case di produzione che lo hanno ben presente e valorizzano la presenza delle donne nelle troupe. Fatevi rispettare, in modo chiaro e professionale.
Cosa ti dà più soddisfazione del tuo lavoro?
Vedere nascere un’idea e seguirla fino a che diventa il prodotto finito. E anche far cambiare idea a chi non vorrebbe mai mostrarsi in video: dicendo ok, a te non piace, ma a chi lo guarderà?
Quale descriveresti come il punto più alto della tua carriera?
È oggi. La fotografia mi ha dato soddisfazioni enormi, ma oggi sto vedendo come ci stiamo trasformando e mi piace moltissimo: mi godo il presente.
Quanto al futuro, ho un’aspirazione: girare un film. Ha già un titolo, vive nella mia testa e nel mio cuore perché è legato alla mia famiglia, e vorrei davvero trasformarlo in un racconto dentro a un film.